In un periodo storico in cui molti Stati europei, sempre più impauriti dal diverso, sono pronti a chiudere i propri confini ai flussi migratori, c’è una mostra che va invece in direzione completamente opposta. Stiamo parlando della rassegna Paris-Londres Music Migrations (1962-1989), in programma fino al 5 gennaio presso il Musée National de l’Histoire de l’Immigration di Parigi: un’immersione in senso cronologico in tre decenni cardine della storia musicale delle due capitali europee, che mostra il melting pot senza precedenti dei ritmi musicali e le evoluzioni sociali e politiche, le trasformazioni urbane e i flussi migratori che hanno definito un’epoca.

Attraverso oltre 600 documenti e opere di stampo musicale – strumenti, costumi, foto, poster di concerti, video, copertine di album, fanzine e altro – in prestito da istituzioni come il Victoria and Albert Museum, insieme a molti tesori tratti dalle collezioni personali di musicisti di spicco (come il completo teatrale indossato da Fela Kuti, il “padre dell’Afrobeat”) e varie creazioni di Jean Paul Gaultier, la mostra vuole dimostrare come generazioni di immigrati abbiano usato la musica per rivendicare l’eguaglianza di diritti, affermare la loro presenza nello spazio pubblico e contribuire alle trasformazioni urbane, economiche e culturali che hanno rimodellato – e tuttora modificano – Francia e Regno Unito.

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